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SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO N.946 DEL 25/02/15 SEZ.V - Bandi di concorso per pubblico impiego - Commento

La Regione Campania con decreto dirigenziale n. 14551 del 19.12.2002, pubblicato sul B.U.R.C. n. 63 del 23.12.2002 bandiva un concorso per 6 posti di dirigente ingegnere gestionale.
Il bando prescriveva  espressamente quale requisito di ammissione la laurea in ingegneria gestionale o in economia e commercio.
A tale procedura partecipava il collega ingegnere  XXX, in possesso della laurea in ingegneria elettronica.

Con nota del 21.10.2003 veniva comunicata all’interessato l’esclusione dalla procedura, disposta con decreto dirigenziale n. 2932 del 20.10.2003 per carenza del requisito del titolo di studio di cui all’art. 2, lett. b), del bando.
Avverso tale esclusione il ricorrente proponeva ricorso al T.A.R. per la Campania impugnando anche le disposizioni del bando, con particolare riferimento all’art. 2, lett. b), nella parte in cui avevano fissato i titoli di studio per l’ammissione al concorso.

Il Tribunale accoglieva la domanda di tutela cautelare proposta ammettendolo con riserva alla procedura concorsuale. L'Ingegnere, infatti, partecipava grazie al provvedimento cautelare adottato dal TAR, alle prove scritte e orali della selezione .

Con successiva memoria il medesimo esponeva di aver sostenuto le prove scritte e orali della selezione classificandosi utilmente in graduatoria, e replicava alle eccezioni di inammissibilità sollevate dalla difesa regionale adducendo che il superamento delle prove denotava il suo possesso delle conoscenze e delle esperienze necessarie per l’accesso al posto.

All’esito il T.A.R., con la sentenza n. 10796/2004, dichiarava il ricorso inammissibile, accogliendo l’eccezione regionale basata sulla mancata impugnazione tempestiva del bando.
Il collega ricorre successivamente al Consiglio di Stato.

Anche il Consiglio di Stato ha confermato la correttezza della sentenza del Giudice di primo grado. La Quinta Sezione del Consiglio di Stato, infatti, con la sentenza del 25 febbraio 2015 ha respinto l'appello richiamando l’orientamento giurisprudenziale consolidato, secondo il quale i bandi dei concorsi indetti per l'assegnazione di posti di pubblico impiego, se contenenti clausole immediatamente lesive delle aspirazioni dei candidati, per il fatto di imporre determinati requisiti di partecipazione anziché altri, vanno tempestivamente ed autonomamente impugnati, dal momento che costituiscono la lex specialis del concorso: onde è nei loro confronti che vanno subito sollevati i dubbi di legittimità nutriti sulla disciplina da essi dettata per la procedura selettiva.

Giova ricordare che il Tribunale ha constatato che l’esclusione del ricorrente dal concorso per la mancanza del titolo di studio richiesto era stata disposta in pedissequa applicazione dell’art. 2, lett. b), del relativo bando, il quale prescriveva espressamente come requisito di ammissione il possesso della laurea in ingegneria gestionale o in economia e commercio, laddove il ricorrente aveva conseguito la diversa laurea in ingegneria elettronica.

“Il T.A.R. ha inoltre rilevato che la disposizione del bando non era suscettibile di interpretazione estensiva da parte dell’Amministrazione, tenuto conto della sua chiara e inequivoca formulazione, e del fatto che non era prevista da alcuna norma l’equipollenza tra la laurea in ingegneria elettronica e quella in ingegneria gestionale: e su questa base ha respinto la tesi del ricorrente secondo la quale il bando non sarebbe stato immediatamente lesivo della sua sfera giuridica poiché - in tesi appunto - non univoco.
Il primo Giudice ha fatto quindi applicazione del consolidato principio giurisprudenziale secondo il quale i bandi di concorso, ove contenenti clausole immediatamente lesive dell'interesse dei candidati, perché impongono determinati requisiti di partecipazione, devono essere immediatamente ed autonomamente impugnati, con la conseguenza dell’inammissibilità sia della impugnazione rivolta solo contro il provvedimento di esclusione costituente atto meramente esecutivo ed applicativo del bando, sia - come nella specie - dell’impugnazione contestuale del bando stesso e dell' esclusione, ove siano già decorsi i termini per l’immediato ricorso contro il bando medesimo.”
Il Consiglio sostiene inoltre:

“- che il testo letterale della clausola era univoco nel senso che solo i laureati in economia e commercio o in ingegneria gestionale avrebbero potuto prendere parte alla procedura;
- che una clausola simile precludeva già inequivocabilmente ex se la partecipazione al concorso degli aspiranti che non fossero muniti di uno dei due titoli anzidetti (o di titolo dichiarato equipollente), sì da presentarsi con chiarezza, attesa la sua portata impeditiva, come lesiva dell’interesse degli aspiranti medesimi a partecipare alla procedura;”

“Da ciò l’inevitabile applicazione al caso concreto dell’orientamento giurisprudenziale, già posto a base della sentenza di primo grado, e tuttora consolidato, secondo il quale i bandi dei concorsi indetti per l'assegnazione di posti di pubblico impiego, se contenenti clausole immediatamente lesive delle aspirazioni dei candidati, per il fatto di imporre determinati requisiti di partecipazione anziché altri, vanno tempestivamente ed autonomamente impugnati, dal momento che costituiscono la lex specialis del concorso: onde è nei loro confronti che vanno subito sollevati i dubbi di legittimità nutriti sulla disciplina da essi dettata per la procedura selettiva (cfr. tra le tante C.d.S., IV, 27 giugno 2014, n. 3241; 22 maggio 2014, n. 2641; V, 25 giugno 2014, n. 3203; 21 novembre 2011, n. 6135).”

Commento  e sintesi del Presidente della Commissione Monitoraggio Bandi e rapporti con ANAC

La sentenza

Consiglio di Stato Sez.VI Sentenza n.721 del 10/02/2015 - Commento

Consiglio di Stato Sez.VI   Sentenza n.721 del 10/02/2015 - Commento

Nelle gare d'appalto l'indicazione degli oneri aziendali per la sicurezza costituisce, in virtù degli artt. 86, comma 3-bis, e art. 87, comma 4, del d. lgs. n. 163 del 2006  un adempimento direttamente imposto dalla legge, per cui la mancata indicazione comporta l’esclusione dalla gara .

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con bando pubblicato sulla GUCE  del 23/09/13,indiceva una procedura ristretta accelerata per l'affidamento, secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, ex art. 83 del D.Lgs. n.163/2006, del "servizio di assistenza tecnica a supporto dei compiti della Direzione Generale dell'immigrazione e delle politiche di integrazione in materia di minori stranieri (accolti e non accompagnati)" — CIG 5321696277, per un importo a base d'asta di € 365.000,00 oltre IVA;
Alla gara hanno partecipato solamente tre ditte.
La seconda graduata ricorre al TAR  e successivamente al Consiglio di Stato ,essendo stata esclusa per il seguente motivo:ha indicato, nella propria offerta economica, i costi della sicurezza in misura pari a “0”. Con tale indicazione la  società  ha inteso specificare di non sopportare costi per la sicurezza dei propri dipendenti, in relazione all’appalto di che trattasi.

L’appellante deduce la piena legittimità di tale indicazione , rilevando che l’indicazione non sarebbe stata omessa (in quanto l’indicazione zero esprimerebbe un “preciso valore”) e non potrebbe essere assimilata, come erroneamente ritenuto dal Tar, alla ipotesi della mancata indicazione dei costi per la sicurezza; la stessa sarebbe il frutto di valutazioni autonome e discrezionali di essa concorrente che, in relazione alle modalità con cui intendeva svolgere i servizi oggetto d’appalto, si sarebbe correttamente determinata ad indicare un valore pari a zero,tenuto conto in particolare che era oggetto d’appalto un servizio di natura “intellettuale” e che pertanto non vi era alcun costo di sicurezza da dichiarare.

La stazione appaltante avrebbe potuto attingere ai poteri di soccorso istruttorio  di cui all’art.46 del d.lgs.n.163/2006, oppure sostenere che l’ indicazione non fosse congrua, ma ciò non avrebbe potuto comportare l’esclusione della concorrente dalla gara, quanto piuttosto l’apertura di un sub procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, in cui la concorrente sarebbe stata ammessa, nel rispetto del principio del contraddittorio, a fornire le proprie giustificazioni.

Il Collegio sostiene

“Va premesso che, in linea generale, nelle gare d'appalto l'indicazione degli oneri aziendali per la sicurezza costituisce, in virtù degli artt. 86, comma 3-bis, e art. 87, comma 4, del d lgs. n. 163 del 2006 (Codice degli appalti) un adempimento direttamente imposto dalla legge (Cons. Stato - Sez. V, 29-02-2012, n. 1172) al punto che, anche a fronte della eventuale mancata previsione, nella lex specialis di gara, dell’onere dichiarativo e della correlata causa specifica di esclusione, le citate disposizioni normative devono ritenersi immediatamente precettive ed idonee ad eterointegrare le regole della procedura selettiva.”

“La lex specialis di gara prescriveva chiaramente , a pena di esclusione, l'indicazione dell'importo relativo agli oneri della sicurezza e lo schema relativo all’offerta economica conteneva un riquadro specifico  per l'indicazione .”

“Non appare convincente, al proposito, la tesi difensiva della odierna appellante, che ha invocato a sostegno della propria tesi difensiva l'art.5 del capitolato d'oneri, il quale precisava che "ai sensi di quanto disposto dall'art. 26 commi 1,2, 3 e 5 del D. lgs. n. 81/2008 e s.m.i, non sussiste l'obbligo di elaborazione del D.U.V.R.I. in quanto gli oneri di sicurezza per i rischi da interferenza sono pari a zero, tenuto conto della natura strettamente intellettuale del servizio."

“E’ qui evidente l’equivoco in cui incorre l’odierna parte appellante laddove sovrappone alla nozione di costi aziendali o “interni” quella inerente i costi da “interferenza”, prevista all’art. 26 del d.lgs. 9 aprile 2008 n. 81 (strumento deputato unicamente ad indicare le misure da adottare per eliminare o, ove ciò non risulti possibile, ridurre al minimo esclusivamente i c.d. “rischi da interferenze” tra i propri lavoratori e quelli dell’impresa appaltatrice e prevederne i relativi costi della sicurezza).”

“Orbene se, in relazione a tali ultimi costi, può ben dirsi che essi siano soltanto eventuali e che ben possono essere pari a zero in un servizio di natura eminentemente intellettuale quale quello oggetto d’appalto) non altrettanto può ripetersi a proposito dei costi aziendali interni, che andavano necessariamente indicati e che non potevano essere pari a zero posto che, come correttamente rilevato dal giudice di primo grado, anche in un servizio intellettuale non vi può essere assenza di rischi per la salute o la sicurezza dei lavoratori dell’impresa affidataria del servizio ( si pensi solo, quali costi specifici per i rischi connessi al luogo di lavoro, come oggi previsto dal comma 3 bis dell’art.83 del Codice dei contratti pubblici, ai rischi alla salute derivanti dall’uso di strumenti informatici).”

“Pertanto, come correttamente rilevato dal giudice di primo grado, l'omessa previa indicazione dei costi per la sicurezza - sia nel comparto dei lavori che in quelli dei servizi e delle forniture- rende l'offerta incompleta sotto un profilo di particolare rilevanza, alla luce della natura costituzionalmente sensibile degli interessi protetti, impedendo alla stazione appaltante un adeguato controllo sull'affidabilità dell'offerta stessa, con il corollario che la sanzione per tale omissione non può che essere l'esclusione dalla gara, come espressamente stabiliva, nella fattispecie in esame, la lex specialis di gara.”

In definitiva, la peculiarità della prestazione oggetto d’appalto( da svolgersi nell’ambito di locali e con l’utilizzo di supporti tecnologici altrui, ma a rischio esclusivo dell’aggiudicatario) imponeva ai concorrenti a pena di esclusione ( comminata dall’art.31, recante ulteriori cause di esclusione dalla procedura) di indicare espressamente i costi di sicurezza aziendale con indicazione numerica  
( necessariamente superiore allo zero), restando ininfluente a tal fine la mera attestazione formale
( priva di riscontro sostanziale) circa la“regolarità nei confronti delle norme in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro”, pur richiesta da altra disposizione del disciplinare di gara.

Secondo i giudici amministrativi, si definisce costo della sicurezza aziendale il valore determinato come frazione percentuale delle spese generali che l’impresa sostiene nell’esecuzione dell’appalto in base alla tipologie dei lavori dell’opera e allo stato dei luoghi.

Una recente decisione (cfr. T.A.R. Lazio Latina Sez. I, 15-01-2014, n. 7),ha chiarito che i costi di sicurezza per i rischi da interferenza - la cui misura va predeterminata dalla stazione appaltante- devono essere distinti dai costi di sicurezza “aziendali”, la cui quantificazione compete ad ogni concorrente in rapporto alla sua offerta economica, rispetto all'entità ed alle caratteristiche del lavoro, servizio o fornitura.

In definitiva sia Il T.A.R. Lazio Roma con sentenza n.5309/2014 che il Consiglio di Stato hanno respinto il ricorso della società appellante.

Commento e sintesi del Presidente della Commissione Monitoraggio bandi e rapporti con ANAC

Allegato

Servizi analoghi o identici - Consiglio di Stato sezione III ° sentenza n. 6035 del 5 dicembre 2014

Il giudizio in questione riguarda una gara di servizi di durata triennale di “Affidamento del servizio di organizzazione e gestione unitaria ed integrata della struttura di assistenza ad anziani non autosufficienti “ indetta dalla IPAB di Vicenza ed aggiudicata alla cooperativa sociale ” X “.

La società cooperativa sociale onlus ” Y” propone ricorso al T.A.R. del Veneto e successivamente al Consiglio di stato eccependo che i servizi allegati dalla cooperativa aggiudicataria non potevano qualificarsi come analoghi,in quanto riferiti essenzialmente a prestazioni di assistenza sociale , ma non anche ad assistenza sanitaria come richiesto dalla procedura di gara.

Il Consiglio di stato chiarisce che nel caso in cui con il bando venga richiesto ai partecipanti di documentare il pregresso svolgimento di servizi analoghi,” la stazione appaltante non è legittimata ad escludere i concorrenti che non abbiano svolto tutte le attività oggetto dell’appalto, nè ad assimilare impropriamente il concetto di servizi analoghi? con quello di servizi identici, atteso che la ratio sottesa alla succitata clausola del bando va individuata nel contemperamento tra l’esigenza di selezionare un imprenditore qualificato ed il principio della massima partecipazione alle gare pubbliche “.

“Si è inoltre precisato che la richiesta di documentare il pregresso svolgimento di servizi non identici, ma solo analoghi a quelli oggetto dell’appalto, deve intendersi giustificata dall’esigenza di acquisire conoscenza della precedente attività dell’impresa e, quindi, di accertare la sua specifica attitudine a realizzare le prestazioni oggetto della gara, con la duplice conseguenza che quest’ultima va riconosciuta nell’attestazione di esperienze sufficientemente simili, almeno negli aspetti essenziali e caratterizzanti l’esigenza che la stazione appaltante intende soddisfare con la gara, e che dev’essere, viceversa, negata solo a fronte della dichiarazione di attività neanche assimilabili a quella oggetto dell’appalto “.

Pertanto Il Consiglio di stato respinge il ricorso presentato dalla appellante, cosi come precedente aveva fatto il TAR del Veneto - Venezia sezione I con la sentenza  breve n.01175/2014.

Vi è da segnalare sulla stessa questione dei  servizi analoghi,la sentenza del 15.10.2010 n° 7525 Consiglio di Stato  sez. V,abbastanza interessante:

In materia di appalti pubblici, qualora nel bando di gara sia espressamente richiesto ai concorrenti di fornire la prova dello svolgimento di pregressi servizi analoghi a quello oggetto di gara, tale circostanza non permette di dilatare il concetto di analogia fino a ricomprendervi qualunque attività non assimilabile a quella oggetto dell’appalto stesso.

In ogni caso, la previsione di elementi di valutazione dell’offerta tecnica di tipo soggettivo (concernenti la specifica attitudine del concorrente a realizzare lo specifico progetto oggetto di gara), può trovare giustificazione nella esigenza di acquisire conoscenza in merito ad aspetti dell’attività dell’impresa che possono essere utili ai fini della valutazione dell’offerta, in quanto le precedenti esperienze maturate possono rappresentare dei significativi indici della qualità delle prestazioni che l’impresa può garantire, a patto però che riguardino esperienze sufficientemente simili, almeno negli aspetti essenziali, a quelle oggetto della gara cui l’impresa partecipa.

La sentenza

Commento a cura del Presidente della Commissione Monitoraggio Bandi LL.PP. e rapporti con A.N.AC

Sentenza del TAR Campania n.1053/15 - commento

È legittimo il provvedimento con il quale la P.A. ha revocato in autotutela l’aggiudicazione definitiva di una gara per interventi di manutenzione stradale, per il rifiuto da parte dell’appaltatore di dar corso all’esecuzione anticipata ed urgente dei lavori, sotto riserva ,nelle more della stipula del contratto, ed ha disposto l’incameramento della cauzione provvisoria e la segnalazione all’ANAC.

A seguito di una procedura di cottimo fiduciario indetta dal Comune di San Tammaro,   la società XX è risultata aggiudicataria definitiva dei lavori di manutenzione straordinaria della viabilità comunale .
La stessa è stata invitata, con nota comunale prot. n. 3956 del 29 aprile 2013, a dare inizio ai lavori sotto riserva (nelle more della stipula del contratto) entro e non oltre il 2 maggio successivo, essendo stata ravvisata la sussistenza di motivi di urgenza “in considerazione dello stato di degrado in cui si versano alcuni tratti viari, con particolare riguardo alla Via Cimarosa e Via Benedetto Croce”;
- la medesima, nel riscontare tale nota con missiva del 2 maggio 2013, si rifiutava di dar corso all’esecuzione anticipata dei lavori adducendo il precario stato di manutenzione delle strade, non rilevabile in sede di partecipazione alla gara;

- il Comune di San Tammaro, con determinazione del responsabile del servizio tecnico n. 109 del 3 maggio 2013, revocava l’aggiudicazione definitiva intervenuta in favore della ricorrente, disponendo contestualmente l’escussione della cauzione provvisoria e la segnalazione del fatto all’AVCP  ed argomentando come segue: “la mancata consegna di fatto dell’appaltatore si configura quale palese inadempimento agli obblighi derivanti dall’aggiudicazione, atteso l’impegno di codesta ditta ad accettare la consegna dei lavori sotto riserva di legge, nelle more della stipulazione del contratto, presentato in sede di gara;

L’obbligo di ricevere la consegna sotto riserva deriva tassativamente dagli impegni di gara e il relativo adempimento non richiede, di norma, operazioni di tale complessità da non poter essere adeguatamente espletate; le osservazioni addotte con nota prot. 4066 del 02/05/2013 rinnegano di fatto, radicalmente, la validità dell’offerta, in cui invece codesta Ditta aveva attestato “di aver preso visione di tutte le circostanze generali e particolari che possano aver influito sulla determinazione del prezzo”;

Codesta Ditta ha sollevato pretestuose eccezioni in ordine alla realizzabilità dell’intervento, pretendendo, in sostanza, modifiche radicali; il comportamento di codesta Ditta risulta tutt’altro che volto alla collaborazione nei confronti dell’Ente ma teso, prima ancora di iniziare l’esecuzione materiale dei lavori, a sindacare le scelte mediante la sovrapposizione di proprie valutazioni a quelle dell’Amministrazione;”;

La ditta ha presentato ricorso al TAR chiedendo l’annullamento :della nota dell’Ente di dar inizio ai lavori sotto riserve di legge,della determina di revoca dell’aggiudicazione ,della determina di aggiudicazione al secondo classificato e di ogni altro atto lesivo della sua posizione.

Il TAR ha respinto in toto il ricorso adducendo le seguenti motivazioni:

“L’obbligo di accettare, in caso di urgenza, la consegna dei lavori sotto riserva grava sulla ditta aggiudicataria, anche provvisoria, in forza del dettato della legge, e precisamente in forza dell’art. 11, comma 9, del codice dei contratti, che attribuisce alla stazione appaltante il correlativo diritto potestativo (cfr. in tal senso Consiglio di Stato, n. 12/2012  sez.III.).

Nella fattispecie, pur in assenza della stipula del contratto d’appalto, la società ricorrente si è sottratta all’adempimento di un’obbligazione di natura legale, a prescindere da ogni ulteriore considerazione discendente dalla circostanza che la medesima aveva formalmente dichiarato, già in sede di gara, “di accettare, qualora risultasse aggiudicatario, l’eventuale consegna dei lavori sotto riserva di legge nelle more della stipulazione del contratto.

-le esigenze di urgenza che rendevano indilazionabile l’esecuzione dei lavori sono state sufficientemente motivate, e portate a conoscenza della ricorrente, in una serie di atti formali dell’amministrazione, quali la lettera di invito, la nota prot. n. 2832 del 26 marzo 2013, intervenuta nel procedimento di verifica dell’anomalia, e, da ultimo, la nota prot. n. 3956 del 29 aprile 2013, recante l’invito a dare inizio ai lavori;

- infine, l’incameramento della cauzione provvisoria e la segnalazione all’ANAC si presentano pienamente legittimi e proporzionati, in quanto atti consequenziali alle inadempienze imputabili alla società ricorrente, che hanno irrimediabilmente compromesso la normale stipula del contratto secondo l’ordine di aggiudicazione”.

Commento a cura del Presidente della Commissione Monitoraggio Bandi e rapporti con ANAC

La sentenza

(05 Nov 14) Negli appalti pubblici non vi è incompatibilità tra le funzioni di RUP e quelle di componente di commissione di gara

Negli appalti pubblici non vi è incompatibilità assoluta ed insuperabile tra le funzioni di responsabile del procedimento e quelle di componente di commissione di gara.

Consiglio di Stato sez. III, sentenza 5 Nov 2014 n° 5456

Il Comune di Barletta ha indetto una gara per l’affidamento della gestione del servizio di assistenza domiciliare per diversamente abili, gara regolarmente aggiudicata  con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa a cui è seguito un ricorso al Tar Puglia e successivamente al Consiglio di stato, di una cooperativa partecipante.

Leggi tutto: (05 Nov 14) Negli appalti pubblici non vi è incompatibilità tra le funzioni di RUP e quelle di componente di commissione di gara

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